martedì 25 dicembre 2012

AUGURI A TUTTI DI BUONE FESTE DA INSIEME PER LA CULTURA!!!!!



Un abete speciale
Quest’anno mi voglio fare
un albero di Natale
di tipo speciale,
ma bello veramente.
Non lo farò in tinello,
lo farò nella mente,
con centomila rami
e un miliardo di lampadine,
e tutti i doni
che non stanno nelle vetrine.
Un raggio di sole
per il passero che trema,
un ciuffo di viole
per il prato gelato,
un aumento di pensione
per il vecchio pensionato.
E poi giochi,
giocattoli, balocchi
quanti ne puoi contare
a spalancare gli occhi:
un milione, cento milioni
di bellissimi doni
per quei bambini
che non ebbero mai
un regalo di Natale,
e per loro ogni giorno
all’altro è uguale,
e non è mai festa.
Perché se un bimbo
resta senza niente,
anche uno solo, piccolo,
che piangere non si sente,
Natale è tutto sbagliato.

(Filastrocca di Natale di Gianni Rodari, da “Filastrocche in cielo e in terra”)

domenica 16 dicembre 2012

ultimi appuntamenti del cartellone autunnale

Siamo agli ultimi appuntamenti del cartellone Autunnale di Insieme per La Cultura...proseguiamo con l'inverno!
ma intanto...rimane l'ultima domenica in musica a San Martino con Associazione Madamadorè e AgendaProduzioni!!! vi aggiorniamo presto sulla data,

le domeniche in musica sono per grandi e soprattuto piccini! vi aspettiamo!

sabato 15 dicembre 2012

le favole di G.P, nuove storie celebri per tutti!!!

Vaga GP per campi e piccole colline;
non teme boschi, neve, pioggia, nebbia e tanto meno gli gnomi che imperversano numerosi nelle zone più riservate dei nostri boschi.
Gli adulti non ci credono, ma provate ad andare in un castagneto e certamente troverete ricci in abbondanza. Alcuni sono ancora colmi, ma altri giacciono lì, abbandonati, soli, soletti, ma inesorabilmente vuoti; privati del loro frutto che hanno così ben difeso fino a quel momen- to. Sapete dove è andato a fini- re quel frutto?
Già. Proprio loro: gli gnomi del bosco. Sono divoratori, golosissimi di castagne: mangiano la polpa e con il guscio fanno pavimenti. Talvolta fanno pavi- menti con i ricci pressati ... dicono che sia per grattarsi i piedi. Alcuni di loro si rivoltano sul pavimento di ricci pressati ... dicono che siano gnomi fachiri. Ebbene GP è stato nei boschi e ci ha mandato un racconto. E’ dedicato ai bambini del Madagascar, i bambini malgasci; una breve favola, ma ...
Il topo e il cacciatore
Molti anni or sono, quando ancora i continenti erano assemblati tra loro e forse esisteva un unico continente ... No! E’ una storia troppo vecchia. Nessuno può ricordare e tutti noi non sapremmo quale morale ricevere: troppo vecchio, troppo antico. Però molti anni dopo i continenti si staccarono e decisero di collocarsi come oggi li vediamo e tra l’India e l’Africa rimase un grande pezzo di terra, un’isola che tutti direbbero africana, ma che al suo interno riporta tante presenze che la fanno sembrare terra d’Asia: quell’isola si chiama
Madagascar e malgasci sono i suoi abitanti. Ora in quell’isola, in un piccolo paese dell’interno alcune famiglie malgasce avevano costruito un villaggio dove si svolgeva una vita abbastanza tranquilla e i bambini erano giocosi, piccole birbe come qui da noi, perché all’origine della vita non c’è distinzione tra i bambini: parlano lo stesso linguaggio.
Ebbene tre “birichini” autentici erano soliti giocare assieme, divertirsi e fare dispetti e scherzetti, ma più di loro si divertivano i lemuri. Già! Se qui da noi i bambini hanno a che fare con gatti e cani e con loro giocano, in quel villaggio i bambini giocavano con i lemuri che a differenza dei cani e dei gatti sapevano far dispetti.
Erano animaletti costantemente alla ricerca di cibo e non si poteva lasciare i bambini da soli a mangiare perché certamente una parte del cibo non veniva consumata da loro, mentre nella zona talvolta si vedevano sugli alberi dei lemuri sovrappeso. I lemuri però non
avevano il dono della parola e avrebbero voluto dire che tra i tre bambini ce n’era uno che appariva più paffuto degli altri e che d’abitudine, ancora con la bocca piena, accusava i poveri lemuri di una colpa che era loro solo in parte.
Non potendo dare la colpa ai soli lemuri – che peraltro sem- bravano bruciare molto bene le calorie che ingurgitavano – il paffutello decise di coinvolgere un altro animaletto e un bel giorno fece trangugiare un intero panino al povero ... camaleonte?!
Era una sorta di lucertolona che aveva l’abilità di fuggire da tanti animali predatori, proprio per la sua agilità, ma che improvvisamente si ritrovò con una pancia particolarmente sviluppata e constatò anche di muoversi con difficoltà. I lemuri lo guardavano con ironia, la famosa ironia dei lemuri che è bene conoscere per chi va in visita nel Madagascar e che altrimenti rischia di farti fare brutte figure. Il camaleonte non era preoccupato per i lemuri, ma per gli uccelli che dall’alto lo avrebbero potuto indi- viduare con facilità. Tentò di nascondersi tra l’ilarità dei lemuri: “Stai tranqui!o ...” gli dicevano: “... nessuno ti darà la caccia, pesi troppo.”
E ... ridevano o per lo meno emettevano strani suoni che qualcuno avrebbe potuto riconoscere come risa. Il camaleonte era di poche parole e sapeva adottare la flemma e l’arguzia di nascondersi mimetizzandosi tra le foglie della foresta che delimitava il villaggio. Ma a quel bambino doveva dare una lezione. E perché no! Anche ai lemuri si poteva fare uno scherzetto. Fu così che con tranquillità, una notte, rosicchiò e sfilacciò le liane circostanti e al mattino quando i lemuri si staccarono dagli alberi e si attaccarono alle liane, queste non li sostennero e i lemuri caddero con tonfi e goffe planate a terra. Il camaleonte grasso li vide cadere e sottolineò:
“State tranquilli ... per non cadere è sufficiente mangiar meno: così pesate troppo.”
Il camaleonte però capì che nella foresta c’erano dei pericoli e che i bambini e i lemuri dovevano comprendere che lo scherzo poteva spingersi fino ad un certo punto, per cui un giorno li chiamò a raccolta e raccontò loro una storia di un suo antico avo che era vissuto nel continente: in Mozambico. “Molti anni or sono un cacciatore aveva l’abitudine di intrappolare le sue prede scavando buche e si faceva aiutare da una scimmia. Era una tecnica raffinata: la preda si avvicinava alla buca e la scim- mia usciva a!’improvviso dal suo nascondiglio, spaventandola e facendole perdere l’equilibrio. Un giorno il  Leone si avvicinò al cac- ciatore e chiese cosa stesse facendo. Il cacciatore gli spiegò che per vivere doveva cacciare e che aveva inventato quel modo di cacciare. A quel punto il leone disse che quelli erano i suoi terreni e che la prima preda sarebbe appartenuta al cacciatore, ma la seconda sarebbe stata sua. Il cacciatore e la scimmia accettarono l’accordo. Così quando una gazzella cadde nella buca il cacciatore se ne appropriò e disse al leone che la volta successiva la preda sarebbe stata sua.
Caso volle che la scimmia amasse giocare e fare scherzi assieme al bambino del cacciatore e un giorno, in prossimità di una buca non s’avvidero di due leoncini che giocando li colpirono e fecero cadere all’interno. Il cacciatore – non vedendo rientrare il figliolo e la scimmia – decise di andare a cercarli e quando li trovò il leone gli disse che que!e erano le sue prede. Il cacciatore implorò il leone e cercò di fargli capire che non erano prede quelle ... prede, ma suo figlio e la sua scimmia. N on ci fu verso. Il leone fu irremovibile e vo!e que!o che gli apparteneva.
In quel momento il mio antenato camaleonte passò per quei luoghi e chiese cosa stava avvenendo.
Messo al corrente della storia si rivolse al cacciatore che disperato rientrò a casa lasciando il figlio e la scimmia al leone. Il camaleonte aiutò il leone a far uscire le due prede, poi fingendosi curioso gli chiese come avessero fatto a prendere le prede. Il leone fece vedere la tecnica del cacciatore e si avvicinò al bordo della buca e il camaleonte, aiutato dal bambino e dalla scimmia lo fecero cadere dentro.
Il camaleonte andò a chiamare il cacciatore, dicendogli che la terza preda era caduta in una buca ed era di sua proprietà.”
La storia continua in modo cruento, ma il camaleonte dalla pancia piena si rivolse ai bambini e ai lemuri e disse: “Il leone e il cacciatore capirono che la foresta è piena di pericoli e che i problemi si risolvono meglio assieme e fu da a!ora che il leone, il cacciatore e la scimmia collaborarono e si rispettarono e fu da allora che il saggio e furbo camaleonte raccontò storie e fiabe ai piccoli leoni, alle piccole scimmie e ai bambini.”

G.P. 

Liberamente tratta dall’autore da: Il topo e il cacciatore in Fiabe e miti dal mondo, Chingula e altre storie, Edizioni Dell’Arco, Bologna, 2004