domenica 16 settembre 2012

ARGOMENTI: LICENZIATA

tratto dalla newsletter "Insieme per la cultura" del mese di giugno 2012


Un bellissimo incontro che ha visto interventi di Ivana Sandoni (coordinamento donne SPI-CGIL de%a Provincia di Bologna) e di Anna Chiari (Segretario SPI- CGIL de%a lega di Monte San Pietro) mirati alle problematiche del lavoro e dell'occupazione giovanile e ricchi di stimoli che di seguito cercheremo di sviluppare.
Chiara e significativa la presentazione di Anna Maria Pedretti (Libera Università dell'Autobiografia di Anghiari) del progetto che ha dato vita al libro Omsa, che donne! in assonanza con lo slogan pubblicitario, coinvolgente la lettura diretta dei contributi di alcune lavoratrici e la visione del video-documentario che ha dato il titolo alla serata: Licenziata.
Evidenziamo il lavoro delle organizzazioni che operano sul territorio di Monte San Pietro, perché stanno svolgendo un importante ruolo di divulgazione e di attenzione sui principali problemi del nostro Paese, attivando nel contempo modalità coinvolgenti sul piano emotivo e con proposte gradevoli a livello spettacolare.
Sono: l’Uomo che verrà di cui abbiamo parlato nel nr 3 sul tema della mafia, La Conserva, La rana dalla bocca larga, Coordinamento donne SPI-CGIL di Monte San Pietro, che col patrocinio del nostro Comune tengono vivo il dibattito e sollecitano quesiti importanti e riflessioni sulle prospettive.
Julian Dibbell su “Le Scienze” del mese di maggio: “quando il mercato non riesce a fornire un certo servizio sociale, il primo posto dove si guarda per una soluzione è lo Stato”, ma se lo Stato è governato da chi si rivolge al mercato per risolvere quel problema, il cerchio è chiuso. Torniamo al Mash di Altman “chi è moribondo può chiedere di essere ricoverato, ma chi chiede di essere ricoverato non è moribondo”. A chi si rivolgono le lavoratrici dell’OMSA di Faenza e i disoccupati italiani, quando le imprese non funzionano? Allo Stato italiano richiamando gli ammortizzatori dello Stato Sociale vigente. Ma la Stato italiano elimina o riduce lo Stato Sociale perché durante la crisi è uno spreco ed è meglio investire sulle imprese ... che licenziano. In buona sostanza chi è licenziato è moribondo e può chiedere un ammortizzatore, ma se chiede un ammortizzatore vuol dire che non è moribondo, quindi non è licenziato ... per lo Stato.
Tutto ciò, sia la drammaticità del fatto che l’ironia, è contenuto nell’emozionante serata di Licenziata. Il contatto con chi ha vissuto la vicenda dell’OMSA e ha voluto comunicare creativamente e ironicamente il grave problema della sopravvivenza non solo sociale, ma anche vitale e umana, ci ha coinvolti.
Tra breve 170 lavoratrici (ex OMSA) saranno assunte da una nuova ditta che costruisce divani. La loro professionalità sarà riconvertita, mentre altre 70 dovranno attendere un nuovo impiego e sperare in un nuovo padrone, oppure più concreta- mente continuare il loro percorso con la solidarietà delle colleghe che avevano aderito, fin dall’inizio della vertenza, a quel patto: “tutte le lavoratrici dell’OMS A occupate.”
Oggi infatti non siamo alla fine dell’800 dove il padrone decideva dei destini delle famiglie; oggi viviamo in uno stato di diritto che permette di trovare altre soluzioni sociali, solidali, politiche e anche economiche. La nostra non è una società in crisi, anzi continua ad essere ricchissima, solo che la ricchezza è concentrata su pochi destinatari.
CRISI. Siamo in crisi – dice lo slogan dei pochi destinatari – non bisogna evadere le tasse, non bisogna sprecare, lo Stato Sociale è uno spreco, le pensioni sono uno spreco (che personalmente ho anticipato con 450.000 € in 38 anni di contributi), sono uno spreco la scuola e la cultura “che non è mortadella e quindi non si mangia” ci fa capire un nostro governante. Paghiamo le tasse, evitiamo gli ... sprechi, paghiamo i danni del nostro terremoto (2 cent al litro sulla benzina, ricordiamoci che i cent sono 3 perché stiamo ancora pagando quello di Messina, inizio del 1900) perché i ... risparmi debbono essere dati a chi risolve la crisi: banche, imprenditori, imprese, finanzieri, varie mafie (nell’accezione italiana), corruzione, ma ai cittadini no perché sono gli unici a non essere in crisi e dare ai cittadini sarebbe - allora - uno spreco. Purtroppo Keynes non la pensava così ed era un economista liberal e Marx neppure ed era un economista comunista. Ma anche l’amministrazione Obama ha dei dubbi: “... la crisi economica poteva essere evitata” ci fa sapere.
Michael Sheehan? Kenneth Dart? Paul Singer? John Paulson? Fanno parte dei dubbi di Obama. Perché a Monte San Pietro dobbiamo conoscere i problemi delle licenziate dell’OMSA e non chi si è arricchito con la crisi ed ha contribuito a licenziarle? Non è stato il loro padrone a licenziarle, ma chi gestisce il sistema della globalizzazione capitalista, chi gestisce la speculazione finanziaria e chi sostiene che la proprietà privata liberal è uguale ad accumulazione senza limiti.
Ormai, dei lumi illuministi e dei valori liberal di un’antica borghesia che ancora fanno parte delle carte costituzionali degli Stati di diritto ad orientamento democratico, nella pratica è rimasto ben poco. Dobbiamo invece essere convinti che uno Stato democratico non può essere governato da altri che non siano DEMOS, cioè Popolo. Non offendiamo quindi le nostre intelligenze, non offendiamo le licenziate d’Italia, non offendiamo i nostri colleghi lavoratori serbi e polacchi, proviamo invece a digitare in rete i nomi dei 4 finanzieri che ho citato, sarà per tutti simpatico sapere che non siamo in crisi, ma che far fallire gli stati sovrani è una nuova tecnica finanziaria.
Le Licenziate hanno prodotto un testo, un film, uno spettacolo di strada, girano l’Italia e ci hanno insegnato che bisogna far qualcosa. Qualcosa di diverso, non perché la nostra storia recente sia negativa: i nostri padri, dal dopoguerra hanno fatto crescere un Paese che pur ricco di contraddizioni è diventato importante a livello industriale, ci permette di discutere dei nostri diritti e di concetti nuovi, perché la nostra carta costituzionale lo permette a tutti i cittadini, ma è un Paese che dice anche che i tempi sono cambiati e che per delineare i nuovi diritti bisogna sapere che cosa è cambiato.
Non è retorica; mi piacerebbe discutere sul cambiamento, sui diritti e non chattando in rete, né arringato nelle piazze, ma approfondendo idee e la rete è un buon mezzo per comunicare. La protesta che nasce dal basso come quella delle lavoratrici dell’OMSA che produce informazione è un validissimo potenziale, ma non deve mai tradursi nella lamentela di un’elemosina richiesta ad un padrone, perché la schiavitù non è ancora stata superata e il salario non è un buon metodo per eliminarla.
Il lavoratore ha in proprietà la sua forza lavoro e può venderla, barattarla, aggregarla in altro modo, anche come imprenditore di se stesso, e in altre forme di lavoro: artigianale, commerciale, cooperativistico ecc. Sappiamo tutti che tra breve l’automazione sostituirà il 60% del lavoro umano e che il nostro problema sarà quello di cambiare l’articolo 1 della Costituzione italiana per esser certi che chi gestirà l’automazione italiana e la globalizzazione non abbia il potere di licenziare e di accumulare ricchezze senza limiti e invece siano individuate diversi- ficate forme di distribuzione della ricchezza, in modo funzionale ai bisogni e al rendimento sociale di ogni individuo, alla difesa dell’ambiente e della qualità della vita.
E questa chiamiamola pure retorica.
DOMANDE.
Se ogni individuo ha diritto di scegliere e difendere la qualità della propria vita, allora il rispetto degli altri corrisponde anche al rispetto per noi stessi. Come regoliamo la Solidarietà nazionale e internazionale del diritto alla vita e diritto al lavoro?
Un bene viene prodotto e immesso nel libero mercato globalizzato da due entità concorrenti che sono paritetiche rispetto al prodotto, il capitale investito e la forza lavoro: in eguale misura e corrispondono al padrone che possiede il capitale e al lavoratore che possiede la forza lavoro. Il padrone può licenziare il lavoratore, ma non il contrario, contraddicendo così la legge paritaria della produzione del bene. Il mezzo di produzione cooperativo, che può far parte di qualsiasi sistema produttivo richiede un unico individuo: il lavoratore che è anche socio e proprietario del plusvalore, ma possiamo avere anche lavoratori che sono imprenditori del loro lavoro.
Perché non si danno vita ad aggregazioni, patti sindacali, sociali, leggi e diritti al lavoro che promuovano sistematicamente organizzazioni produttive di tipo cooperativo, aggregativo, individuali per le forze non occupate aiutandole ad accedere al credito, e/o con capitali propri?
La globalizzazione capitalistica ha prodotto lavoro e ricchezza in giro per il mondo e risolto con gravi contraddizioni problemi vitali, parzialmente rispondendo al problema della fame nel mondo, non ancora della qualità della vita. La globalizzazione è un buon modo di produrre in una logica di libero mercato, ma il problema nel futuro sarà: chi la gestisce? L’attuale sistema di contrapporre i lavoratori sulla base del costo del lavoro è una logica del profitto, non della qualità della vita. Occorre allora un contratto internazionale del lavoro. A che punto siamo? Quanta convinzione si ha che se un lavoratore è contrapposto ad un altro non si ottiene un risultato proficuo e che “lavoratori di tutto il mondo unitevi” è finalmente diventato uno slogan applicabile”?
L’automazione si sostituisce tra breve al 60% del lavoro umano, permettendo a miliardi di esseri umani di a,ancarsi dai lavori più debilitanti e potersi quindi dedicare ad altro. Sarà più libero di cercare nuovi interessi, nuovi lavori. Ma chi sarà il “padrone” delle macchine automatiche: lo Stato? Il capitalista? Entrambi? I lavoratori aggregati? Il terzo settore di beni economici? Un’idea di common o di beni comuni?
I padri dell’illuminismo, poi delle borghesie liberali, pensarono ad un processo graduale il cui obiettivo sociale etico fosse la libertà dell’individuo e una migliore qualità della vita.
La proprietà privata era da loro difesa come veicolo verso quegli obiettivi, ma il capitalismo li ha reinterpretati verso il profitto e l’accumulazione senza limiti e l’obiettivo si è trasformato da libertà in egoismo.
Non è forse già il momento di porre dei limiti alla proprietà privata capitalista, in funzione del cambiamento e riportare il sistema della proprietà privata sugli antichi valori liberal?
E questa non è retorica.
gianpaolo salbego

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